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giovedì 22 agosto 2024

La fantascienza? Ormai è morta.




DA scrittori di fantascienza a disoccupati. Le nanotecnologie hanno tolto mercato anche all'immaginazione, hanno risucchiato in un vortice di atomi il mondo dell'impossibile con tutti i suoi spettatori-abitanti e visionari narratori. Una rivoluzione nello spazio di un miliardesimo di metro. Quindi la domanda.

Dopo l'avvento della nanotech è possibile scrivere ancora fantascienza, o la scienza è riuscita nel sorpasso andando oltre il prevedibile e il delirio della fantasia?

“La fantascienza è morta – risponde Antonio Caronia, 44 anni, genovese, scrittore e studioso della comunicazione dell'immaginario tecnologico – non esiste più. Lo sostengo ormai da anni. I generi non esistono, si sono estinti. Fantascienza classica, fantasy, horror, cyberpunk fluttuano all'interno del Noir, un gran contenitore nel quale tutto è leggibile e niente è all'avanguardia. La scrittura – spiega Caronia – ha sempre rappresentato il suo tempo. Quella di oggi esprime l'ibrido. I romanzieri sono delle 'carogne' che colgono sogni e incubi dell'individuo e li rielaborano proiettandoli all'esterno, portandoli in superficie. Oggi c'è solo confusione. E la letteratura, le arti in genere, la esprimono.”

La nanotecnologia le fa paura?

“Mi preoccupa. Diciamo che sono preoccupato in genere. Siamo in un mondo dominato dalla dittatura della tecnologia: 4/5 dell'umanità sono affamati da quindici-venti multinazionali, in America una banda di petrolieri decide chi sono i buoni e i cattivi da cacciare dalla faccia della Terra. Il problema è che i frutti della ricerca scientifica prima vengono applicati in campo militare, poi vengono estesi ai cittadini consentendo però di goderne appieno solo a quelli più ricchi: la tecnologia costa, chi vuole beneficiarne la paghi. È successo con le cure anti-Aids, succederà ancora.”

Qual'è il tipo di essere umano che dobbiamo aspettarci?

“Post-umano. Abituiamoci alle ibridazioni biologico-tecnologico. Però va rovesciato il rapporto. Non siamo noi disumanizzati dalla tecnologia, ma la tecnologia umanizzata da noi. Il futuro della società dipenderà da un rapporto direttamente proporzionale: maggiori saranno le disuguaglianze, maggiori gli squilibri. Il nostro futuro è una questione culturale.”

Le ombre che disegna Caronia sono le stesse allungate dallo scrittore cyberpunk William Gibson nel suo romanzo spettacolarizzato poi da Hollywood nel film 'Johnny mnemonic'. Parla di una seconda società, povera, multietnica e hacker, che ricicla scarti e rifiuti di quella delle multinazionali, ricca e schiacciante. I suoi abitanti sono carne tenuta in vita da impianti neuronali, supporti hi-tech nel corpo bio. L'uomo nanotech è già stato concepito nelle pagine dell'americano Philip Dick ieri e si è evoluto in quelle dell'australiano Egan oggi. Dick era assillato dal doppio enigma: 'Che cos'è umano, cos'è la realtà.' Egan va predicando l'autismo, la compressione-espansione dell'io in un universo interiore. Forse in un nano-chip.

F.d.C.   Il Tempo 16.3.2003

[Dall'archivio di Bibliotork Interzona Caronia - Cascina Torchiera di Milano]

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