con Lino Aldani - gennaio 1979 |
(Sintesi
della discussione nel collettivo milanese di Un’Ambigua Utopia)
(Progetto
per una nuova serie della rivista)
3^ e ultima parte
8. E passiamo, detto questo, alle trasformazioni di tipo organizzativo e finanziario che si rendono necessarie per realizzare questo progetto. I) Tiratura, veste grafica, periodicità, diffusione. La rivista oggi tira 2.000 copie, e ne vende (dati del n°2; quelli del n°3 non li abbiamo ancora, ma non dovrebbero essere diversi) circa 1.700. La diffusione è affidata ai Punti Rossi,5 che dichiarano di non poterne assorbire, al di fuori di Milano, oltre il migliaio. Avete visto però che nel n°4 la lista dei punti di vendita è decisamente aumentata, e questo è un buon segno. Se dovessimo quantificare tutto il discorso sullo “spazio” fatto prima, potremmo dire (a titolo puramente indicativo) che la potenzialità di mercato di UN’AMBIGUA UTOPIA rinnovata e migliorata si aggira intorno alle 10.000 copie. Questo quindi è l’obiettivo che possiamo fissarci nel corso del 1979, da raggiungersi quanto prima (ma naturalmente non potremo tirare 10.000 copie fin dal n°5: bisognerà aumentare gradatamente la tiratura per due/tre numeri). Dovremo evidentemente avere una periodicità fissa. L’optimum per riviste di questo tipo è evidentemente quella mensile, ma anche qui non è detto che ci si arrivi subito. Non abbiamo perciò ancora stabilito se partire come bimestrale per arrivare al mensile, o rischiare subito il mensile. Per quanto riguarda la diffusione, è chiaro che la priorità va all’allargamento e al consolidamento della vendita in libreria. Siamo già in contatto con un’altra distributrice (anch’essa legata alla sinistra), la NDE, ma studieremo forse altre soluzioni. Con una tiratura sull’ordine delle 10.000 copie, la distribuzione nazionale in edicola è problematica, ma ci sono altre due possibilità: la distribuzione nelle edicole delle stazioni (che è un circuito a parte) e nelle edicole di alcune grandi città, da scegliere (è possibile tramite distributori locali). La veste grafica sarà cambiata (formato ridotto, colonne giustificate, ecc.: stiamo pensando ad un fo4rmato 21 x 29,7 con copertina cartonata, ecc.: è ovvio che i costi di tipografia aumentano): non si può evidentemente affrontare una distribuzione nazionale con la veste, sia pure simpatica, che abbiamo adesso. C’è anche un discorso sulla pubblicità, che qua non facciamo. II) Redazione Tutto questo discorso, soprattutto quello sulla periodicità, non regge se la redazione della rivista è affidata, come è stata finora, al collettivo nella sua interezza. Già negli ultimi mesi, prima per la questione della festa poi per quella dell’uscita del n°4, la discussione vera e propria in collettivo si è rarefatta, anche se le riunioni si sono infittite, ed è ripresa poi soltanto quando è stato sollevato tutto l’insieme di questioni trattate in questo testo. Il collettivo poi si è notevolmente allargato dai primi tempi, e ha comunque bisogno di suoi tempi di discussione, di maturazione collettiva su certi temi. Se la rivista deve uscire ogni mese (o ogni due mesi), le sue scadenze non possono forzare i tempi del collettivo, né questi ultimi possono mettere in forse le scadenze della rivista. La misura che si impone è perciò quella della sostituzione di una redazione, all’interno del collettivo, più ristretta. Questa redazione si deve occupare di tutti i problemi relativi alla fattura della rivista, sulla base delle indicazioni generali fornite dal collettivo. A questo spettano le scelte generali relative all’equilibrio dei vari temi nella rivista, a questioni particolari da trattare, ai contenuti dell’editoriale e di alcuni articoli di maggior peso. Sulla base di queste indicazioni la redazione prepara il menabò, richiede contributi ai vari compagni, e trova articoli, dentro e fuori il collettivo, cura la grafica, le rubriche, ecc. La rivista può e deve continuare, dunque, a ricevere l’apporto di tutti (se possibile) i compagni del collettivo, ma nell’ambito di un lavoro organizzato dalla redazione; la quale, a sua volta, non dovrà trovarsi sulle spalle tutto il lavoro di scrittura e traduzione per la rivista, ma dovrà piuttosto funzionare come organizzatrice del lavoro per gli altri. È chiaro però che nella redazione dovranno entrare compagni disposti comunque a fornire più lavoro degli altri compagni del collettivo per la rivista. In una ipotesi del genere è anche chiaro che la redazione dovrà avere un locale, autonomo, per la redazione, che finora è di fatto frazionata nelle case di più compagni. Una volta operata questa separazione, il collettivo avrà più possibilità di recuperare quella dimensione di discussione (ma, se si vuole, anche di pratica) che soprattutto negli ultimi tempi gli è mancata. La vita del collettivo non dovrebbe esaurirsi infatti nel dare le indicazioni generali per la rivista. I compagni che hanno da proporre tesi specifiche (sono proposte già emerse nelle ultime riunioni) potranno farlo senza più essere castrati da interminabili e frammentate discussioni organizzative e di dettaglio. Il collettivo avrà così la possibilità di diventare veramente un luogo di approfondimento e di discussione a partire dalle esigenze di tutti. Va da sé, è ovvio, che un lavoro del genere sarà utile anche per la rivista; ma con tempi suoi, con ritmi autonomi.
9. Le questioni
finanziarie e gli obiettivi immediati
Per
tutto questo, è inutile dirlo, occorrono dei soldi. Abbiamo discusso se partire
dopo aver raccolto la somma iniziale che ci garantisse un certo respiro
(diciamo, due numeri della rivista), o se seguire un modello, si potrebbe dire,
più “dinamico”, cioè partire con una somma iniziale inferiore, che consenta di
mantenere un compagno per un periodo limitato, trovare la sede della redazione,
e contemporaneamente avviare il lavoro di ricerca di fondi ulteriori. Una somma
che ci darebbe delle garanzie si aggirerebbe intorno ai 20 milioni. Era
impensabile trovarli in 15 giorni, mentre prevaleva la preoccupazione di non
perdere tempo, di non partire troppo tardi. Compagni interessati a questo
progetto, disposti anche a metterci dei soldi, secondo noi se ne possono
trovare. Ma per trovarli occorre tempo, e soprattutto cominciare ad offrire
loro delle garanzie che qualcosa si muove, che qualcosa sta già cominciando.
Per questo abbiamo optato per la seconda soluzione: abbiamo deciso di trovare,
fra noi, nel collettivo (direttamente o tramite conoscenze, per mezzo di
prestiti amichevoli) una somma minima di 4 milioni (meglio se sono 5 o 6) che
ci consenta di: a) “assumere” a tempo pieno un compagno per tre mesi (300.000
al mese); b) trovare un locale per la redazione; c) finanziare qualche
attività, come il seminario (v. dopo) cicli di film, ecc. Novembre e dicembre
sarebbero così dedicati a trovare altri finanziamenti e ad organizzare il lavoro
redazionale per consentire di fare uscire il primo numero della nuova serie di
UN’AMBIGUA UTOPIA a gennaio dell’anno prossimo. Se la cosa marcia, è del tutto
prevedibile che il compagno “a tempo pieno” andrà mantenuto. Comunque, la forma
giuridica migliore per gestire tutta la cosa è probabilmente quella della
cooperativa, formata da tutti i compagni che hanno messo o trovato i soldi e da
quelli che, pur non avendo contribuito, sono indispensabili a “garantire” (nel
senso di impegnarsi a coprire se le cose andassero male). I posti di lavoro
potrebbero essere più di uno (ma andrebbero comunque decisi in cooperativa) se
le attività cosiddette “collaterali”, come i cicli di film, i dibattiti e anche
(come sembra possibile negli ultimi giorni tramite una fortunata occasione)
l’apertura di una libreria, andassero in porto. Va da sé che il valore di
queste attività “collaterali” non è solo finanziario.
Il fulcro del lavoro
per novembre e dicembre, dal punto di vista dell’apparizione esterna, sarà da
un lato la proposta di seminario, dall’altro il lancio dell’iniziativa sulla
narrativa; questa seconda proposta deve ancora essere discussa nei dettagli.
L’idea del seminario, invece, nata da una discussione di alcuni di noi con
Miglieruolo6 alla fine
della festa, a settembre, è stata già discussa in collettivo, e si attende solo
la stesura definitiva del documento di introduzione e i particolari organizzativi.
Si tratta di una riunione di discussione a carattere nazionale, che dovrebbe
essere centrata sui seguenti temi:
_ critica della fantascienza come settore della cultura di massa
(montaggio dei meccanismi, decodificazione, ecc., v. sopra)
_ crisi della razionalità scientifica, “intelligenza
tecnico-scientifica” e temi connessi;
_ stratificazioni e caratteristiche del “nuovo pubblico” della
fantascienza, fantascienza e movimento, e quindi le caratteristiche della nuova
serie di UN’AMBIGUA UTOPIA. Il
seminario potrebbe aver luogo alla fine di novembre/inizio dicembre (quasi
sicuramente a Milano).7
Nota 5: Per una storia delle distribuzioni
alternative: Pasquale Alferj e Giacomo Mazzone (a cura), I fiori di Gutenberg, Arcana Editrice, Roma, 1979, p. 29-38.
Nota 6: per la discussione con Mauro Antonio
Miglieruolo qui: http://un-ambigua-utopia.blogspot.it/2016/01/nuvole-marziane-di-antonio-caronia-come.html
Nota 7: Si
tratta del convegno al cinema Ciak nel maggio del 1979, un resoconto
giornalistico qui: http://un-ambigua-utopia.blogspot.it/2015/02/marxziana.html