lunedì 23 febbraio 2015

Una lettera inedita


(Lettera non datata, presumibilmente inverno 1979/80 – la firma è illeggibile, la provenienza è quasi certamente Bologna)
Ai compagni della redazione

Che l’Ambigua Utopia dopo i primi numeri frizzanti, pieni d’ingenuità ma anche d’entusiasmo, s’accingesse a imboccare la strada della professionalizzazione, questo era facilmente prevedibile e previsto. Ma forse non ci si era resi conto, allora, galvanizzati presumibilmente da un insperato successo, che questa strada era gravida di trabocchetti, di accomodamenti ed esigenti “Sponsors”, del successo barattato con l’autocensura o con un dosato pluralismo: insomma, in agguato c’era la normalizzazione della Rivista e la perdita di ogni sua incisività sovversiva. E così è puntualmente accaduto. Gli ultimi due numeri dell’A.U. (nuovo corso, gestita dal factotum “redattore capo” Antonio Caronia che ben si rapporta all’altra onnivora macchina editoriale fantascientifica incarnata da Ugo Malaguti), sono talmente brutti, banali, insignificanti, scontati, caserecci, superficiali, smodatamente velleitari, che se non fosse per l’ostentata etichetta di sinistra, si sarebbe tentati di scambiare l’A.U. per uno dei numeri mediocri di Robot gestiti da quell’altra fanfaluca di V. Curtoni. Ma quale sinistra, poi? Dichiararsi nel “Movimento” oggi non basta più. Primo, perché la prerogativa del moto non ci compete più, visto che a questo irresistibile dinamismo sono tentati pure tutti i politicanti delusi e rigettati dalle masse e ora invasati da un nuovo furore utopico (non ultimo Pietro Ingrao); secondo, perché l’immagine stereotipata e falsa di un Movimento radicale, creativo e a volte violento, ma in fondo animato da buone intenzioni e pronto a tendere le braccia ad ogni borghese convertito, è decisamente caduta, o meglio non è mai esistita se non nella mente di chi intendeva speculare e gratificarsi nella sovversione sociale. Ragione per cui, l’A.U. è nel Movimento, oggi, tanto e quanto l’Intrepido e forse meno (senz’altro molto meno di Goldrake e di Metropoli, su versanti opposti, ben s’intende). L’immaginario sociale è oggi ricco di fantascienza, trasuda spettacoli e paradossi in ogni suo frammento vitale, registra una vertiginosa circolazione di messaggi e d’immagini fantascientifiche: su questo terreno, dell’immaginario appunto, sarebbe possibile intervenire subito, fissandone i momenti, commutandone le parti, sovvertendone i codici, innervandolo di pratica rivoluzionaria e devastante. Ma un’incredibile impasse teorica vi impedisce, perfino di registrare la circolazione utopica che oggi è in atto, e non è un caso che questo ritardo teorico testimonia del vostro possibilismo politico, della vostra incapacità (sospetta) di scegliere definitivamente fra la sovversione autonoma e l’immagine rassicurante dell’intellettuale radicale ed arrabbiato all’ombra delle istituzioni (e delle maggioranze silenziose col fucile puntato – attenti! -). Se almeno foste un discreto bollettino d’informazione fantascientifica! Ma anche su questo terreno vi sopravanza perfino Cosmo informatore, ahimè! Grave e disarmante è il provincialismo culturale dei suoi redattori, sempre in bilico fra la tentazione didascalica di spiegare l’evoluzione come fa ogni buon normale liceale (vedi penultimo numero) e la citazione “a la page” di Baudrillard. Possibile, sempre per restare in tema, che non vi siate accorti di essere un risibile simulacro (che ne direbbe Jean Antoine Caronià?), e di trasformare in macchina da guerra il totem che vi seduce? Smetto di fare il rompiballe e il guastatore (c’è ben altro da guastare!). Già colgo le invettive di rimando… E’ evidente che esigo una risposta.

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