A differenza di questi ultimi (come Hans Moravec, o i
redattori della Dichiarazione transumanista del 1999, Max More
e altri), non riteniamo che il punto sia quello della nascita – desiderabile
secondo loro, da esorcizzare o da respingere secondo altri – di una nuova
specie che si appresti a sostituire l’homo sapiens a seguito di una
serie di ibridazioni con le tecnologie: queste posizioni le consideriamo
deboli, intrinsecamente contraddittorie, e pensiamo anche, come ha osservato il
biologo Roberto Marchesini, che esse non superino affatto l’umanesimo e
l’antropocentrismo della tradizione occidentale, ma al contrario ne
rappresentino una tardiva e iperbolica esaltazione. Il pensiero del post-umano
non deve limitarsi ad esaltare acriticamente una “nuova specie” che attraverso
la tecnologia sconfigga la morte, ma deve certamente assumere tutta la complessità
di una situazione nella quale sono entrati in crisi i tradizionali rapporti fra
dato biologico e dato culturale. Post-umano significa, in questo senso, il
riconoscimento che l’equilibrio fra componenti culturali e componenti
biologiche nell’essere umano sta cambiando in modo più radicale di quanto non
sia mai cambiato nella storia della specie, ma che questa discontinuità è
comunque effetto di una storia evolutiva che non viene affatto negata. Se i
processi di ibridazione stanno subendo un’estensione e un’accelerazione senza
precedenti, ciò non deve far dimenticare che l’ibridazione è sempre stata
presente nella storia dell’umanità, e che su di essa si è basato ogni processo
culturale. Quello che oggi c’è di nuovo è che il ritmo di trasformazione culturale
e tecnologica sta mettendo in discussione il ruolo che la biologia dell’essere
umano aveva sinora avuto, e cioè quello di segnare il limite dell’evoluzione
culturale. Questo è conseguenza del salto che le culture stanno facendo da una
scala locale a una scala globale, da una dimensione di adattamento a una
dimensione di espansione, da una sfera di intervento limitata alla materialità
del mondo esterno alla possibilità di influire direttamente sulla dimensione
genetica e biologica dell’essere umano stesso.
Di fronte a processi di tale portata lo sgomento e lo
sconcerto possono essere reazioni comprensibili, ma impediscono di valutare con
chiarezza la situazione, e soprattutto suggeriscono interventi di rifiuto e di
ritorno a uno statu quo ante che, oltre a essere impossibili, ci
lasciano disarmati di fronte alle conseguenze più negative dei processi stessi.
L’atteggiamento più giusto, di fronte alle tematiche del post-umano, ci pare
quello che Karl Marx propose di fronte al capitalismo: non rifugiarsi in un
impossibile “ritorno al passato”, ma assumere coraggiosamente la nuova
situazione economica, sociale e culturale per fare emergere al suo interno le
possibilità di liberazione dell’umanità dallo sfruttamento e dal dominio, un
obiettivo che solo le nuove condizioni, e non le antiche, permettevano. Così
oggi affrontare i problemi del post-umano significa lavorare perché le nuove
possibilità dispiegate dalla tecnologia significhino possibilità di
emancipazione e di sviluppo di nuove soggettività.
Confrontarsi con l’orizzonte post-umano comporta
aprirsi all’alterità di un mondo globalizzato e abbandonare le rivendicazione
di un “umanesimo” che è stato quasi sempre sinonimo di antropocentrismo: oggi
che il diverso ci è sempre più vicino, non è più accettabile la pretesa di
de-finire l’Uomo in base a limitate categorie (ragionevole, bianco, colto,
proprietario, occidentale). Ancora: è stata la cibernetica a mettere
addirittura l’accento sulle possibilità comunicative del non-umano, inteso come
macchina (o come animale), e appare ormai meramente autocelebrativo il richiamo
alla differenza dell’umano in quanto unico essere capace di comunicazione.
Tralasciando pure il discorso sulle macchine, è quasi banale ricordare come
siano tantissime le specie animali in grado di comunicare, e di farlo in
maniera anche molto complessa, non solo tra conspecifici ma anche tra
appartenenti a specie differenti. Il concetto di post-umano, dunque, lungi
dall’essere anche solo simile a quello di post-organico o trans-umano, implica
per noi il riconoscimento della necessaria apertura all’altro e all’alterità
per la definizione di ciò che siamo in quanto umani.
Infine, non possono essere taciute le dirette ricadute
che il discorso del post-umano ha sulla sfera del politico e dei diritti: a
questo proposito non c’è a nostro avviso nessun tentativo di “onnipotenza” nel
voler comprendere più da vicino la natura delle relazioni tra uomo e tecnologia
–
come ha invece suggerito di recente Pietro Barcellona
nella sua lectio magistralis in onore di Pietro Ingrao dal
titolo “L’epoca del post-umano”. Non consideriamo onnipotenza l’utilizzo di
determinate competenze per contrastare l’insorgere di nuove malattie o per
combatterne di già esistenti. Il problema semmai si pone quando si esercita un
controllo tale per cui anche le forme di intervento che più dipendono – o
dovrebbero dipendere – dal libero esercizio della volontà individuale vengono
negate nel nome di una tensione morale che non sempre appartiene a tutti. Come
è accaduto per la legge 40 sulla fecondazione assistita, con cui si è negato il
diritto della donna all’utilizzo consapevole delle tecnologie per la
procreazione, e come accade quotidianamente per chi sente il bisogno di
chiedere la sospensione di terapie che non curano più, ma si limitano a
prolungare la morte. In quest’ultimo caso ad essere negato è il diritto al
rifiuto consapevole della partnership tecnologica, laddove la si ritenga ormai
un peso e non più un aiuto.
L’orizzonte post-umano si presenta, dunque, come
richiamo all’autonomia della sfera personale, alla consapevolezza
nell’accettazione e nella rinuncia, all’attraversamento delle soglie e
all’ibridazione con l’alterità. Non più hybris come momento di
crisi ma come motore di coniugazione, non più le tecnologie e i media come meri
strumenti ma come parti di noi stessi, del nostro vivere, del nostro abitare.
Pubblicato su Liberazione 21 aprile 2007
Alcuni articoli di Antonio Caronia sul post-umano:
Dopo l’uomo – L’insolenza dell’ibrido, in Cyberzone n. 16 2002 https://www.academia.edu/305674/Dopo_l_uomo_L_insolenza_dell_ibrido
Alcuni articoli di Antonio Caronia sul post-umano:
Dopo l’uomo – L’insolenza dell’ibrido, in Cyberzone n. 16 2002 https://www.academia.edu/305674/Dopo_l_uomo_L_insolenza_dell_ibrido
Corpi
e informazioni. Il post-human da Wiener a Gibson,
in Post-umano. Relazioni tra uomo e tecnologia nella società delle reti, a cura
di Mario pireddu e Antonio Tursi, Guerrini e Associati, Milano 2006 https://www.academia.edu/304324/Corpi_e_informazioni._Il_post-human_da_Wiener_a_Gibson
Il
corpo in trappola, in Equilibri n. 2 2008
Transumano,
troppo postumano, in S&F n. 1 2009 www.scienzaefilosofia.it
https://www.academia.edu/288184/Transumano_Troppo_Postumano
Per
un’antropologia evoluzionista, Prefazione a Cristian
Fuschetto ‘Darwin teorico del postumano. Natura, artificio, biopolitica’,
Mimesis. Milano 2010 https://www.academia.edu/487022/Per_unantropologia_evoluzionista
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