mercoledì 10 febbraio 2021

Antonio Caronia: Il pelo e il vizio

 


Linus agosto 1980

Anche questa volta, visto che l’estate impazza e voi siete probabilmente più refrattari del solito alle nostre più sconvolgenti elucubrazioni, ci limitiamo a passarvi alcuni modesti consigli di lettura, rimandando all’autunno una (peraltro doverosa) riflessione sul perché vi andiamo propinando mensilmente questo sconnesso discorso a più voci, sulla cui ricezione siamo comunque angosciosamente privi di dati. Anche sull’efficacia di questi consigli, in realtà, nutriamo dubbi consistenti. Da un primo, sommario esame, infatti si può assumere l’ipotesi che i lettori di Linus si distribuiscano, rispetto alla nostra rubrichetta, nelle categorie seguenti: 1) appassionati ultra informati di fantascienza, che hanno letto già tutto prima di noi e che si fanno un baffo delle nostre recensioni/segnalazioni; se le leggono, lo fanno solo per poterci irridere e/o prenderci in castagna alla prima inesattezza; 2) intellettuali, fumettofili e affini, moderatamente interessati alla fantascienza, che giudicheranno troppo “iniziatico” il nostro discorso e continueranno con più profitto a leggere Gabutti; 3) i restanti lettori, mediamente squilibrati, che saltano senz’altro la rubrichetta. Sarebbe confortante per noi poter ipotizzare l’esistenza di una categoria 4), non vuota (sarebbe sufficiente all’uopo che contenesse anche un solo elemento), costituita da lettori non esclusivi di fantascienza, che per la loro vivacità intellettuale siano stufi di leggere Asimov, ma abbastanza digiuni di semiologia da poter essere incuriositi dalle letture che noi proponiamo. Nella speranza perciò, che la nostra fatica possa continuare ad essere annoverata tra i servizi sociali, sia pure nel senso restrittivo qua sopra esposto, torniamo a bomba. Che cosa si può leggere, quest’estate in Italia, di quella “nuova fantascienza” di cui ci sentiamo immeritatamente dei modesti divulgatori? Non molto, la risposta è ovvia. Avremmo voluto segnalarvi, fra i primi, l’ultimo romanzo di John Varley, uno fra i più interessanti nuovi autori americani, che ha al suo attivo una bella raccolta di racconti, The persistence of vision (alcuni sono apparsi in Italia sulla defunta Robot e sulla Rivista di Isaac Asimov) e il romanzo Linea calda Ophiucus, qui pubblicato da Sonzogno. Varley è, in qualche modo, uno dei continuatori di Delany, soprattutto per quanto riguarda le tematiche della sessualità e della crisi della personalità, per le quali è ovviamente debitore anche alla nuova fantascienza femminileJohn Varley, : ma non si fatica a riconoscere nelle sue opere anche l’influenza di Ursula Le Guin. Il romanzo Titan, uscito in usa l’anno scorso, riepiloga un po’ i temi e luoghi a lui cari (la sessualità, appunto, lo scarto tra oggettività e soggettività, la crisi dell’individuo in rapporto alla scienza e alla tecnica), proiettati questa volta sullo sfondo dell’ignoto e della presenza della trascendenza: siamo infatti su un pianeta “vivo”, che ha creato sul suo corpo un mondo mitologico, con apporti greci, cristiani e di altro tipo: lì la storia è veramente “il sogno di un folle”, e se centauri e gli angeli non sono più una metafora, il pianeta Gea può esserlo benissimo. In realtà, però, è inutile che andiamo avanti: questo romanzo in Italia, almeno quest’estate, non potete leggerlo, a meno che non leggiate l’inglese e non ve lo procuriate in edizione originale. Infatti Titano (Urania 839, Lire 1.000), che figura come l’edizione italiana di Titan, è stato trasformato in una storiella avventurosa per educande. Dev’essere stato un lavoro redazionale bestiale; episodi veri e propri non ne sono stati tagliati, anche se a volte qualche particolare mancante rende la storia un po’ balzellante e difficile da capire, ma tutto il testo è stato sottoposto ad una serie capillare di tagliuzzamenti, riassuntini, aggiustamenti, che lasciano a malapena lo scheletro e scarnificano abbondantemente il resto. Le più colpite sono state le scene erotiche, ovviamente (ma non pensate alla pornografia: il lettore ideale che ha in mente la signora Negretti, redattrice di Urania, sarebbe disturbato anche da una frase come questa: “La lingua di Bill era partita dai piedi di Cirocco e adesso stava esplorando il suo orecchio sinistro”, p. 4 dell’edizione tascabile americana, Berkeley 1980); e poi una miriade di osservazioni, particolari, gesti, movimenti, battute, certo “inessenziali” per sapere “come va a finire la storia”, ma forse importanti per delineare i personaggi. Questa dei tagli di Urania è una storia vecchia: ma lacune recenti dichiarazioni dei responsabili di Mondadori facevano credere che fosse anche una storia passata (v. Un’Ambigua Utopia n. 1, 1980 e La bottega del fantastico n. 1, 1980). Come dire: la Negretti perde il pelo, ma non il vizio (o forse sarà il contrario…). Non ci rimane, ahinoi, che ripiegare sulle riedizioni. E per fortuna c’è la Nord che, se quest’anno non brilla per le novità (a parte Il serpente dell’oblio, di cui vi abbiamo parlato il mese scorso), sta offrendo delle interessanti ristampe. Quelle che vale senz’altro la pena di leggere sono i due Dick, I giocatori di Titano (Narrativa d’anticipazione, L. 2.500) e I simulacri (Cosmo oro, s.i.p.) e l’ormai famoso I reietti dell’altro pianeta di Ursula Le Guin (Narrativa d’anticipazione, Lire 3.500). Quest’ultimo, nonostante l’orripilante titolo, è ormai un classico della fantascienza “politica” nell’epoca della crisi dell’utopia, e uno dei libri più belli della scrittrice dell’Oregon: chi non l’ha letto non può neanche rendersi conto dei difetti di Ursula Le Guin, che sono difetti di gran classe. Quanto a Dick, ormai è chiaro che egli è all’origine di quasi tutta la fantascienza più interessante degli ultimi vent’anni, e in particolare di tutta la tematica del contrasto (o dell’identità) tra realtà e illusione: anche i due titoli segnalati, il più interessante dei quali è I simulacri. Ma se volete saperne di più e meglio di come potremmo dirvelo noi, vi consigliamo di leggere le introduzioni di Carlo Pagetti a tutti e tre i libri.


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