sabato 13 marzo 2021

Antonio Caronia: Il bosco di latte

 


Linus dicembre 1985

Trattare la storia del mondo come fosse la storia degli uomini”: la tentazione è antica, anche se i risultati non sono sempre stati di prima qualità. Si tratta naturalmente di intendersi sul semso di una parola d'ordine di questo tipo. Il senso in cui la intendeva quasi due secoli fa il romantico tedesco Novalis (questa singolarissima figura di poeta che all'attività di geologo e intendente minerario affiancava le tensioni mistiche più ardite degli Inni della notte e dei Frammenti) era chiaro. È inutile accostarsi alla natura con spirito eccessivamente analitico, cercando “il granello più piccolo o la fibra più sottile di un corpo solido, i limiti estremi delle grandezze”; essa rivelerà i suoi intimi segreti soltanto a chi vi si accosterà con lo spirito umile, unitario e amico della primitiva età dell'oro, e cioé ai poeti. Altrimenti “l'ambizione dell'uomo di diventare Dio” lo allontanerà ineluttabilmente dalla vera comunione con la natura, e perciò anche da se stesso. Questo è il discorso che percorre il “romanzo filosofico” incompiuto di Novalis, I discepoli di Sais, già tradotto in italiano ma ormai introvabile, che l'editore Tranchida ci ripropone oggi. La tradizione in cui Novalis si inserisce è tipicamente tedesca, quella della Naturwissenschaft, una “conoscenza della natura” che utilizza in parte il metodo della scienza ufficiale ma non si identifica con esso: una via che percorrerà poi anche Goethe, dandoci su questo cammino quella Teoria dei colori a lungo ignorata dalla scienza accademica e solo oggi, timidamente, riscoperta. L'accento di novalis, però, va più sulla corrispondenza interiore di uomo e natura, come nella favola di Giacinto e Fiordirosa inserita in questo romanzo, in cui il giovane protagonista trova alla fine della sua lunga, mistica ricerca, sotto il velo della Vergine sacra nient'altro che la ragazza che aveva abbandonato per intraprendere il suo viaggio. I discepoli di Sais è il secondo titolo di una nuova collana di libricini dal tenero formato ipertascabile che l'editore Sellerio introdusse anni fa e che oggi vanno così di moda (anche la collana “Riflessioni” dell'editrice Theoria ha queste dimensioni). La collana si chiama “Il bosco di latte”, ed è dedicata a testi letterari che affrontino il tema del rapporto uomo/natura da un punto di vista antitetico a quello della “ragione strumentale” che ha dominato la pratica dell'uomo negli ultimi secoli. La collocazione al fianco dei movimenti ecologisti e verdi è dichiarata; inconfessata ma trasparente l'ambizione di fornire nuovi cult books all'”arcipelago” di movimenti in questione. Giocherà naturalmente il valore dei testi. Il denso ma affascinante romanzo incompiuto di Novalis è stato preceduto, per esempio, dal melenso racconto di Bernardin de Saint-Pierre, La capanna indiana, ennesima e fiacca incarnazione del mito del buon selvaggio, del tutto spogliato in questa versione della forza amara di Rosseau. E comunque non è chiaro che stimoli possa trarre . Da un punto di vista del contributo anche solo critico – dallo stesso testo di Novalis il movimento verde oggi. I suoi problemi infatti (se non vado errato) sono ben poco il vagheggiamento di una qualunque “età dell'oro”, e molto più la ricerca di un “punto di svolta” che imprima un altro corso alla tecnologia, non già il suo rifiuto o la sua rimozione.


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