domenica 27 dicembre 2020

Antonio Caronia: Euro Cannes

 


Linus giugno 1980

Come vi abbiamo accennato due volte fa, ai primi di maggio c’è stato il quinto convegno europeo di fantascienza (Eurocon, in gergo: le associazioni evocate da una lettura in francese di questa sigla non sono affatto, ovviamente, imputabili agli organizzatori) svoltosi nella cornice del deplorevole e deprimente palazzo dei congressi di Stresa. Cornice per altro abbastanza in sintonia con il programma e lo svolgimento ufficiale del convegno stesso, su cui spenderemo adesso qualche riga. I lettori considerino, per favore, che il nostro è un punto di vista di un collettivo abbastanza anomalo nel panorama della fantascienza italiana: abbiamo i nostri “autori preferiti”, ma non sbaviamo vedendoli di persiona (alcuni incontri, con Bester e Brunner, per esempio, ci hanno confermato nella convinzione che in genere è meglio evitare di far parlare gli autori di sé stessi); ci sforziamo di avere delle idee su come si potrebbe fare una buona politica editoriale nella fantascienza, ma non abbiamo interessi editoriali da difendere; e via di questo passo. Per questo, inevitabilmente, non ci piacciono quasi mai le stesse cose che piacciono agli altri appassionati, detti, con stucchevole barbarologismo, Fans (mentre l’insieme di cui essi fanno parte viene detto Fandom). Siamo perciò convinti che a molti di costoro l?Eurocon sia andato bene così com’era. A noi no, e cercherò di spiegare il perché. C’era innanzitutto la questione del premio: l’idea del premio non ci entusiasma in genere, in nessun campo e in nessun settore: ma questi premi, assegnati all’Eurocon passavano proprio la misura. Non si scopre l’America dicendo che dietro ai premi ci sono interessi editoriali precisi, anche se gli editori interessati all’Eurocon smentiscono inorriditi (ma allora il loro accanimento nel disputarseli andrebbe spiegato con improbabili sindromi demenziali, nelle quali non crediamo). Per il premio Italia, dal risultato e dalla distribuzione dei voti, pare di capire a noi, dall’esterno, che esso sia stato il risultato di un accordo tra l’Editrice Nord, di Gianfranco Viviani (il quale in qualità di coordinatore dell’Eurocon, ne ha avuto il principale onore e onere), e l’editore Fanucci, e in genere l’area di destra: alla Nord il premio per il miglior romanzo e la migliore collana, alla destra quelli per la migliore fanzine e il miglior saggio. Noi, che siamo in fondo un collettivo educato, non avremmo preteso però di dire proprio queste cose dalla tribuna del premio: ci saremmo limitati a leggere una dichiarazione molto più generica sull’imbecillità dei premi, se la presidenza, nella persona del suddetto Viviani e (spiace dirlo) di John Brunner, non avesse deciso per noi, togliendoci bruscamente la parola. Pazienza, sarà per un’altra volta: l’imbecillità è un tema che non tramonta mai… Poi c’è la questione dei soldi_ per accedere all’Eurocon occorrevano la bellezza di 25.000 lire (18.000 se si era prenotato in anticipo): e in cambio si aveva una mostra di libri stranieri (non in vendita), alcuni stand di librerie di editori (4 in tutto) e una rassegna di film su cui non diciamo nulla perché non ci piace infierire. L’attento osservatore avrebbe poi notato che il manifesto ufficiale dell’Eurocon non era altro che la copertina del catalogo dell’Editrice Nord. Non conosciamo il bilancio di questa società, ma abbiamo l’impressione che il capitolo “campagne promozionali” non riguardi tutte quelle effettivamente messe in atto. E veniamo al difetto più grosso: il 5° Eurocon, come in genere tutte le manifestazioni di questo tipo, è servito agli editori e ai professionisti (quelli che ci sono venuti) per farsi pubblicità, scambiarsi idee, prendere accordi; agli appassionati “organizzati” in rivistine, circoli, etc., per rivedersi, fare nuove conoscenze (e in questo senso, certo, è servito anche a noi), appagare il proprio feticismo. Non è servito ai lettori “normali”, e per fortuna ce n’erano pochi. Nella sala del congresso gli interventi si susseguivano, preparati da mesi, nella solita passerella, senza alcuna comunicazione gli uni con gli altri. Quei pochi spazi di discussione che ci sono stati li abbiamo organizzati noi, a lato e nell’indifferenza del convegno ufficiale. Da quelle riunioni è uscita l’idea, che ci siamo incaricati di rendere pubblica: quella di un incontro tra appassionati e lettori di fantascienza organizzato in modo diverso: poche relazioni preparate (due, tre), tanto spazio per la discussione, anche per chi ha da dire poche cose e non se le scrive in anticipo: il tutto in uno spazio, possibilmente, più adatto di Stresa alla moltiplicazione degli incontri e delle discussioni. Noi ci ritorneremo sulle pagine di Un’Ambigua Utopia: voi, comunque, fateci sapere che cosa ne pensate.


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