sabato 27 marzo 2021

Antonio Caronia: Progetto per una nuova serie di Un'Ambigua Utopia

 


 Milano, ottobre 1980

CONSIDERAZIONI GENERALI

Fantascienza come testo, come textus e come codice

C’è una pluralità di accezioni per il termine “fantascienza” di cui è necessario tener conto. “Fantascienza” è ogni singolo testo che compare in commercio etichettato come tale. Di tutti questi testi è possibile un’analisi a vari livelli, uno letterario, uno ideologico, oppure sociologico, di costume e via dicendo. Essi sono comunque collegati tra loro da una serie di rimandi, citazioni, imitazioni, luoghi comuni variamente trasformati dalla sensibilità del singolo autore, ma comunque riconoscibili. Ogni testo è parte di un textus, di un tessuto più ampio che è riconoscibile come il genere letterario “fantascienza”, con sue convenzioni, con un suo codice. È legittimo, perciò, guardare alla fantascienza come a un fenomeno letterario autonomi, che intrattiene rapporti con altri generi letterari contemporanei, a volte con tradizioni letterarie preesistenti, che sollecita e rende possibile un approccio “critico” (non solo in senso estetico, ma anche a livello di rapporti e fenomeni editoriali, di fenomeni sociologici e politici, etc.).

Ma la fantascienza non è soltanto questo: è ormai un insieme di figurazioni, di immagini, di suoni, che dalle pagine dei libri si sono trasferite sullo schermo, grande e piccolo, alle pagine dei fumetti, ai solchi dei dischi e alle tracce delle cassette, ai costumi, alle movenze e ai trucchi dei complessi musicali. Questo è avvenuto anche tramite un allargamento da tematiche tradizionalmente definibili “fantascientifiche” a tematiche definibili più generalmente “fantastiche”: il codice che questo insieme di fenomeni configura è infatti qualcosa che si potrebbe chiamare “codice fantastico”, anche se in esso l’elemento tecnologico – sia pure elaborato con modulazioni di tipo magico – continua ad essere largamente presente. La presenza di questo “codice fantastico” nei mass media ha inoltre contribuito a cambiare anche il tipo di fruizione dei testi scritti di fs, che rappresentano ormai un settore non trascurabile dell’editoria dedicata alla letteratura di consumo; e anche, significativamente, a influenzare (basti pensare a Nabokov, Gore Vidal, Doris lessing, per dirne solo alcuni).

Il pubblico

È evidente che il pubblico toccato dal codice fantastico nel senso sopra accennato è calcolabile, in Italia, a parecchie centinaia di migliaia almeno. Tuttavia è più opportuno limitarsi a considerare quella parte di pubblico, che ha delle caratteristiche, per così dire, di maggiore costanza, che viene toccata da libro di fs. Dall’esame delle tirature di Urania e dei libri degli editori specializzati (Nord, Libra, Fanucci, che con Urania e il settore  libri di fs di Mondadori coprono la grande maggioranza di questo settore di mercato) si può stimare attorno ai cinquantamila il numero di lettori che leggono abbastanza abitualmente fantascienza.

Questo pubblico è ovviamente stratificato. I due strati estremi sono rappresentati dal lettore occasionale e frettoloso, interessato solo all’aspetto “distensivo” ed “evasivo” del prodotto (che dovrebbe essere però meno frequente nella fantascienza che nel giallo e nello spionaggio) e dal “fan”, l’appassionato/collezionista dalla cultura specifica enciclopedica, che segue tutte le novità librarie, è informato sui principali (almeno) avvenimenti interni al mondo della fs, ed è in genere organizzato in club, o scrive e pubblica rivistine (fanzine) di narrativa, critica (ovviamente quasi sempre infantile e pietosa), agiografia, etc. Tra fanzinisti, collezionisti, appassionati in senso stretto dovrebbero esserci qualcosa come mille o duemila persone in Italia (il dato è ricavabile dalla tiratura – poche centinaia di copie – e dalla vita delle fanzine, oltre che da una certa conoscenza dell’ambiente).

Un numero maggiore di persone potrebbe invece essere interessato ad un discorso “critico” sulla fantascienza non puramente accademico, ma su tutto l’arco dei temi e dei fenomeni riconducibili alla fantascienza nel senso delineato dal paragrafo precedente. Questa cifra potrebbe arrivare a 10.000 lettori potenziali per una rivista che si confermasse a quel modello: lo suggerirebbe la composizione dei lettori di UN’AMBIGUA UTOPIA, per quanto la conosciamo (la nostra rivista soffre ovviamente dei guai di una distribuzione inesistente e della mancanza di pubblicità), i dati delle vendite del nostro libro NEI LABIRINTI DELLA FANTASCIENZA (5000 copie senza quasi nessuna pubblicità), l’apparire di rubriche di recensioni “specializzate” in alcuni giornali. Ma una rivista fatta intelligentemente, che tratti più in generale dei problemi che abbiamo chiamato del “codice fantastico” potrebbe pescare anche in un pubblico più vasto, non direttamente legato alla lettura del libro di fantascienza.

L’esperienza di UN’AMBIGUA UTOPIA

Il nostro collettivo (poi trasformato in cooperativa) è nato alla fine del 1977 su due tematiche convergenti ma non identiche: da un lato quella del rapporto tra fantascienza e realtà, dall’altro quella delle potenzialità “liberatorie” della fantascienza e della attività fantastica. Il discorso iniziale del collettivo ha subito precisazioni e aggiustamenti soprattutto fra il 1979 e il 1980, e ancora oggi risulta aperto ad un processo di riflessione non concluso. Sono per esempio venute a cadere (o si sono ridimensionate) le illusioni ancora legate all’eco del movimento del 77 sulla immediata  trasferibilità in termini “politici” (seppur largamente mutati) della “guerriglia” culturale e comportamentale che costituiva già il dato saliente di quel periodo. Gli strumenti critici (in senso lato) si sono affinati, è stato ridimensionato l’entusiasmo forse eccessivo per opere che affrontavano direttamente i temi politici (come I reietti dell’altro pianeta) e si sono meglio valorizzate opere che riflettono, all’interno delle convenzioni del genere, tematiche culturali più vaste, come la crisi del linguaggio e l’emergere sempre più netto di componenti “mitologiche” (e non solo nel genere fantasy). Si è andato precisando un interesse per la documentazione e le discussioni sull’andamento del mercato e la politica editoriale seguita dalle varie case editrici.

La rivista UN’AMBIGUA UTOPIA, come si può vedere scorrendo gli otto numeri finora pubblicati (1 nel 1977, 3 nel 1978, 2 nel 1979, 2 nel 1980), ha riflesso questa evoluzione. . Il maggiore rigore del discorso non ha però significato l’approdo ad una concezione “accademica” della rivista. Avendo sempre di mira l’insieme del pubblico a cui ci siamo già riferiti (il fatto di non essere riusciti a raggiungerne che una piccola parte, non più di 2000 persone, dipende in larga misura dai problemi finanziari, produttivi e distributivi a cui abbiamo fatto cenno, anche se non vogliamo escludere che ci siano stati a volte problemi di calibratura dei singoli numeri della rivista), abbiamo mantenuto un interesse per forme di demistificazione culturale che erano poi corrispondenti alla nostra azione come collettivo, al di fuori del lavoro della rivista (vedi il nostro convegno MARX/Z/IABA a Milano, aprile 1979 e l’intervento al convegno specializzato di Stresa nel 1980). La rivista, pur cominciando a pubblicare contributi critici di interessante livello, non ha quindi mai abbandonato del tutto una duplicità (forse) di impostazione, che a noi però è parsa fondamentale: rivista di critica ma anche, in certo modo, di “intrattenimento”. Quanto siamo riusciti in questo intento, non sta a noi dirlo. Ci sembra però che la nostra attività, in questi tre anni, abbia costituito uno dei pochi tentativi di costruire per la fantascienza e sulla fantascienza un discorso meno banale dei soliti. È questa attività che ci ha consentito di trovare interessanti contatti con altre realtà culturali e cooperative (gruppi teatrali milanesi, coop. Charlie Chaplin di Ferrara) e con esponenti della critica, anche accademica, di fantascienza, in Italia e all’estero (Carlo Pagetti, Teresa De Lauretis).

STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELLA RIVISTA

La discussione che stiamo conducendo in questi mesi ci ha portato ad una precisazione ulteriore sulla fattura della rivista, che verrà adesso esposta, e a una ipotesi di collaborazione fra il collettivo di Milano e altri collettivi (principalmente Un’Ambigua Utopia e Crash di Genova, e Pianeta Rosso di Napoli), con cui abbiamo già collaborato in passato e con cui stiamo registrando l’esistenza di un orizzonte di problemi comuni, pur nella varietà degli strumenti critici di approccio e, a volte, degli esiti.

Il progetto qui esposto della rivista non prevede, dunque, un rovesciamento di ottica, ma al contrario l’affinamento e il potenziamento di quel modello di “rivista di critica e intrattenimento” secondo le linee che abbiamo esposto sopra. Questo progetto prevede una stabilizzazione della periodicità (che proponiamo, almeno per il prossimo anno, trimestrale, senza ovviamente pregiudizio per una intensificazione della frequenza se le cose dovessero marciare), l’individuazione dei canali distributivi, nel senso di privilegiare le edicole, e conseguentemente l’aumento della tiratura in misura compatibile con quest’ultima ipotesi (indicativamente 10.000 copie). Non discutiamo qui eventuali mutamenti grafici (formato, gabbia, caratteri, colore, carta) che andranno discussi direttamente in sede editoriale.

UN’AMBIGUA UTOPIA 1981 continuerà ad occuparsi, quindi, della fantascienza come genere letterario, oltre che cinematografico, televisivo, grafico, etc., e della fantascienza come codice culturale più in generale. Questo implicherà un’attenzione più precisa non solo alle trasformazioni nella fruizione dei media, alla loro “fantascientizzazione” , ma anche a certi processi di trasformazione della vita quotidiana, delle strutture della produzione, della distribuzione, del tempo libero, a quella che si potrebbe chiamare (ed è stata già chiamata) la mutazione antropologica in corso, o perlomeno a quella sua parte (e non è piccola) che appare fin d’ora dominata dal “codice fantastico”.

In concreto la rivista (che ipotizziamo a 128 pagine e formato o invariato o equivalente, come contenuto tipografico, a quello attuale) dovrebbe continuare ad essere divisa in sezioni. Le sezioni verranno elencate adesso, di seguito, e per ognuna segnaleremo un possibile numero di pagine sulle 128 totali, l’eventuale nuova istituzione delle stesse, le caratteristiche e le modifiche.

MONOGRAFICA (30) – Dovrebbe mantenere l’attuale impostazione, trattare cioè sia argomenti e luoghi “classici” della fantascienza, sia argomenti rilevanti sul piano culturale o del costume visti attraverso le modulazioni del codice fantastico. Non è necessariamente una sezione tutta di articoli: possono intervenire (vedi già l’impostazione della sezione SOGNO sul n. 8) disegni, fumetti, etc. Argomenti possibili: Sesso, Mito, Fantascienza e politica, Il calcolatore, Trasformazioni del potere.

LIBRI ED EDITORIA (15) – Recensioni di novità librarie, di fantascienza, fantasy, letteratura non realistica, saggistica varia collaterale all’impostazione della rivista in generale( antropologia, politica, sociologia, futuribile, etc. Informazioni sulle novità librarie estere (di fs), andamento del mercato e dell’editoria di fs in Italia e nel mondo.

CRITICA (15) – L’impostazione dovrebbe restare invariata, e la sezione potrebbe forse alleggerire una parte almeno dei “soggetti” tematici sulla fs che finora comparivano nella sezione monografica.  Saggi di autori italiani (area UAU enon) e stranieri (critica anglosassone, francesi) sulla fs. Si potrebbe pensare di ampliare a saggi su autori italiani e stranieri di letteratura “normale” più interessanti per noi (Calvino, Buzzati, etc.).

FUMETTI (20) – Sezione nuova: Dovrebbe pubblicare recensioni, saggi, informazioni, etc. , sui fumetti fantastici, ma anche produzione fumettistica: sia di autori italiani esordienti, sia (compatibilmente con le disponibilità finanziarie) di autori professionisti italiani e stranieri. In quest’ultimo caso, dopo un primo rodaggio, la sezione potrebbe essere aumentata come pagine se ci fosse materiale particolarmente interessante.

CINEMA (16) – Rubrica da ristrutturare, e da discutere più ampiamente con coloro che se ne occuperanno. Potrebbe comunque ospitare recensioni, informazioni sulle produzioni estere, saggi di respiro più vasto sulla produzione “fantastica” o sulla lettura fantastica di certe pellicole.

MUSICA (6) – Sezione nuova, quindi anch’essa da discutere, come la seguente. L’oggetto dovrebbe comunque aggirarsi sull’intersezione tra fs e musica (nelle tendenze rock new wave, per esempio, o fenomeni del genere).

MAGIA (6) – Si può scegliere fra due “tagli”, uno più antropologico-storico, l’altro più “tecnico” (dall’interno: simbolismo dei tarocchi, astrologia, etc.). Da discutere.

NARRATIVA (20) – Proseguire sulla linea degli ultimi numeri (cioè operare un minimo di selezione fra gli esordienti o i non professionisti per non abbassare drasticamente il livello della sezione) e tentare (sempre compatibilmente con le risorse finanziarie) di pubblicare anche autori professionisti stranieri.

Il lavoro di progettazione e redazione della rivista potrebbe essere organizzato così: tre/quattro riunioni all’anno generali (tendenzialmente una per ogni numero) in cui, sulla base della relazione di un coordinatore e di un comitato di coordinamento vengono discusse in varie proposte generali. In queste riunioni, come esemplificazione, si potrebbe discutere della scelta dell’argomento monografico, dell’impostazione generale delle singole sezioni, dei contributi di maggior rilievo. Queste riunioni dovrebbero tenersi, a rotazione, nelle varie città interessate per favorire la partecipazione di tutti. La sede principale di redazione resterebbe Milano, che lavorerebbe in stretto contatto con Verona nel caso che si realizzi l’ipotesi di collaborazione prospettata. Ogni sezione dovrebbe poi avere un gruppo di lavoro, con compagni di varie città, e un coordinatore (non tutte le sezioni dovrebbero avere necessariamente il coordinatore a Milano), responsabile delle scelte e del lavoro della sezione. È chiaro che l’operato di ogni sezione e di ogni coordinatore dovrebbe poter essere ampiamente e liberamente discusso in ogni riunione (di norma, nella prima riunione successiva all’uscita del numero).

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