Linus
agosto 1980
Anche questa volta, visto che l’estate impazza e voi
siete probabilmente più refrattari del solito alle nostre più sconvolgenti
elucubrazioni, ci limitiamo a passarvi alcuni modesti consigli di lettura,
rimandando all’autunno una (peraltro doverosa) riflessione sul perché vi
andiamo propinando mensilmente questo sconnesso discorso a più voci, sulla cui
ricezione siamo comunque angosciosamente privi di dati. Anche sull’efficacia di
questi consigli, in realtà, nutriamo dubbi consistenti. Da un primo, sommario
esame, infatti si può assumere l’ipotesi che i lettori di Linus si
distribuiscano, rispetto alla nostra rubrichetta, nelle categorie seguenti: 1)
appassionati ultra informati di fantascienza, che hanno letto già tutto prima
di noi e che si fanno un baffo delle nostre recensioni/segnalazioni; se le
leggono, lo fanno solo per poterci irridere e/o prenderci in castagna alla
prima inesattezza; 2) intellettuali, fumettofili e affini, moderatamente
interessati alla fantascienza, che giudicheranno troppo “iniziatico” il nostro
discorso e continueranno con più profitto a leggere Gabutti; 3) i restanti
lettori, mediamente squilibrati, che saltano senz’altro la rubrichetta. Sarebbe
confortante per noi poter ipotizzare l’esistenza di una categoria 4), non vuota
(sarebbe sufficiente all’uopo che contenesse anche un solo elemento),
costituita da lettori non esclusivi di fantascienza, che per la loro vivacità
intellettuale siano stufi di leggere Asimov, ma abbastanza digiuni di
semiologia da poter essere incuriositi dalle letture che noi proponiamo. Nella
speranza perciò, che la nostra fatica possa continuare ad essere annoverata tra
i servizi sociali, sia pure nel senso restrittivo qua sopra esposto, torniamo a
bomba. Che cosa si può leggere, quest’estate in Italia, di quella “nuova
fantascienza” di cui ci sentiamo immeritatamente dei modesti divulgatori? Non
molto, la risposta è ovvia. Avremmo voluto segnalarvi, fra i primi, l’ultimo
romanzo di John Varley, uno fra i più interessanti nuovi autori americani, che
ha al suo attivo una bella raccolta di racconti, The persistence of vision (alcuni sono apparsi in Italia sulla
defunta Robot e sulla Rivista di Isaac Asimov) e il romanzo Linea calda Ophiucus, qui pubblicato da
Sonzogno. Varley è, in qualche modo, uno dei continuatori di Delany,
soprattutto per quanto riguarda le tematiche della sessualità e della crisi
della personalità, per le quali è ovviamente debitore anche alla nuova
fantascienza femminileJohn Varley, : ma non si fatica a riconoscere nelle sue opere anche l’influenza
di Ursula Le Guin. Il romanzo Titan,
uscito in usa l’anno scorso, riepiloga un po’ i temi e luoghi a lui cari (la
sessualità, appunto, lo scarto tra oggettività e soggettività, la crisi dell’individuo
in rapporto alla scienza e alla tecnica), proiettati questa volta sullo sfondo
dell’ignoto e della presenza della trascendenza: siamo infatti su un pianeta “vivo”,
che ha creato sul suo corpo un mondo mitologico, con apporti greci, cristiani e
di altro tipo: lì la storia è veramente “il sogno di un folle”, e se centauri e
gli angeli non sono più una metafora, il pianeta Gea può esserlo benissimo. In
realtà, però, è inutile che andiamo avanti: questo romanzo in Italia, almeno
quest’estate, non potete leggerlo, a meno che non leggiate l’inglese e non ve
lo procuriate in edizione originale. Infatti Titano (Urania 839, Lire 1.000), che figura come l’edizione italiana
di Titan, è stato trasformato in una
storiella avventurosa per educande. Dev’essere stato un lavoro redazionale
bestiale; episodi veri e propri non ne sono stati tagliati, anche se a volte
qualche particolare mancante rende la storia un po’ balzellante e difficile da
capire, ma tutto il testo è stato sottoposto ad una serie capillare di tagliuzzamenti,
riassuntini, aggiustamenti, che lasciano a malapena lo scheletro e scarnificano
abbondantemente il resto. Le più colpite sono state le scene erotiche,
ovviamente (ma non pensate alla pornografia: il lettore ideale che ha in mente
la signora Negretti, redattrice di Urania, sarebbe disturbato anche da una
frase come questa: “La lingua di Bill era partita dai piedi di Cirocco e adesso
stava esplorando il suo orecchio sinistro”, p. 4 dell’edizione tascabile
americana, Berkeley 1980); e poi una miriade di osservazioni, particolari,
gesti, movimenti, battute, certo “inessenziali” per sapere “come va a finire la
storia”, ma forse importanti per delineare i personaggi. Questa dei tagli di
Urania è una storia vecchia: ma lacune recenti dichiarazioni dei responsabili
di Mondadori facevano credere che fosse anche una storia passata (v. Un’Ambigua Utopia n. 1, 1980 e La bottega del fantastico n. 1, 1980).
Come dire: la Negretti perde il pelo, ma non il vizio (o forse sarà il contrario…).
Non ci rimane, ahinoi, che ripiegare sulle riedizioni. E per fortuna c’è la
Nord che, se quest’anno non brilla per le novità (a parte Il serpente dell’oblio, di cui vi abbiamo parlato il mese scorso),
sta offrendo delle interessanti ristampe. Quelle che vale senz’altro la pena di
leggere sono i due Dick, I giocatori di
Titano (Narrativa d’anticipazione, L. 2.500) e I simulacri (Cosmo oro, s.i.p.) e l’ormai famoso I reietti dell’altro pianeta di Ursula
Le Guin (Narrativa d’anticipazione, Lire 3.500). Quest’ultimo, nonostante l’orripilante
titolo, è ormai un classico della fantascienza “politica” nell’epoca della
crisi dell’utopia, e uno dei libri più belli della scrittrice dell’Oregon: chi
non l’ha letto non può neanche rendersi conto dei difetti di Ursula Le Guin,
che sono difetti di gran classe. Quanto a Dick, ormai è chiaro che egli è all’origine
di quasi tutta la fantascienza più interessante degli ultimi vent’anni, e in
particolare di tutta la tematica del contrasto (o dell’identità) tra realtà e
illusione: anche i due titoli segnalati, il più interessante dei quali è I simulacri. Ma se volete saperne di
più e meglio di come potremmo dirvelo noi, vi consigliamo di leggere le
introduzioni di Carlo Pagetti a tutti e tre i libri.
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